Storia dell'arte

La “speranza” di Gustav Klimt

Quante cose trovano spazio contemporaneamente: l’amore e il tradimento.

Cerchiamo di mettere ordine nei nostri sentimenti come meglio possiamo, ma quell’ordine resta comunque qualcosa di artificiale. Cio’ che è naturale è soltanto il caos”.

Ed è proprio dal caos che nasce la secessione.

In questo periodo il parlamento veniva costantemente delegittimato e sciolto e l’imperatore era sempre lontano e fungeva da simbolo. L’arte allora cerca di supplire alla mancanza di una sfera politica coerente.


La nascita delle Secessione

Nel 1897 nasce la Secessione Viennese: movimento d’avanguardia che per primo aveva capito e interpretato il malessere e l’inquietudine del suo tempo, cominciando a raccontare la storia dell’uomo moderno.

La Secessione Viennese viene fondata da Gustav Klimt, Koloman Moser, Max Kurzweil e dagli architetti Otto Wagner, Josef Hoffmann e Joseph Maria Olbrich.

Tutti questi artisti si dettero il compito di rompere con la scena artistica tradizionale di Vienna. Indagano il lato oscuro e le molteplici dimensioni della condizione umana. Si occuperanno di erotismo, solitudine, inquietudine, disordine, sogni e pulsioni.

L’arte d’ora in avanti tratterà principalmente di pulsioni che ogni tanto risalgono in superficie sotto forma di sogni, lapsus e nevrosi.

Il movimento mira alla rinascita delle arti e mestieri, cercando di creare opere d’arte totali.

Tre architetti svolgeranno un ruolo fondamentale a Vienna: Wagner, Olbrich e Hoffman che influenzeranno talmente tanto il metodo di lavoro da spingere un pittore come Moser a diventare un esperto di arti applicate.


Il palazzo della Secessione

Tutto è decorativo a tal punto che nell’edificio che Olbrich progetta per la secessione, la cupola sarà costituita da foglietti che intrecciate fungeranno da struttura per il loro stesso sostegno. IL DECORO DIVENTA STRUTTURALE.

Il palazzo era considerato come la sintesi perfetta della poetica e dei principi architettonici enunciati dai teorici della secessione. È un edificio severo, totalmente bianco e sormontato da un’enorme cupola traforata composta da 2500 foglie di bronzo dorato. Per questa strana forma, i viennesi soprannominano il palazzo “il cavolo d’oro”.

La facciata è decorata da maschere di Gorgoni, da un fregio floreale e due iscrizioni, che recitano rispettivamente “Der Zeit ihre Kunst, der Kunst ihre Freiheit” (Ad ogni tempo la sua arte, ad ogni arte la sua libertà) e “Ver Sacrum” (Fonte Sacra in Latino, il nome della rivista ufficiale del Secessionismo).

L’edificio è un padiglione espositivo costruito nel 1989 a Vienna, oggi molto noto per ospitare il fregio Beethoven di Klimt. Il fregio doveva essere smantellato subito dopo l’esposizione, ma successivamente gli esponenti del movimento decisero di lasciarlo permanentemente.

Il palazzo della secessione può essere definito un tempio dell’arte il cui presidente è Klimt.

Il sito internet del palazzo della Secessione


Gustav Klimt, chi era?

Klimt è di origine boema, figlio di orafo trasferitosi a Vienna che può permettersi solamente di mandare il figlio a studiare alla scuola di arti applicate.

Nel 1892 muoiono il padre e il fratello e per Klimt inizia un periodo di grande depressione.

Il suo rapporto con le donne deriva sicuramente dal background familiare. Molto importante è la relazione con Emilie Louise Flöge che però finisce molto presto visto i continui tradimenti di lui.

Klimt seduce con il suo fascino e talento e molte donne borghesi vogliono farsi ritrarre da lui e a volte vogliono anche qualcosa di più. Nella Vienna ben pensante il sesso si teme e si controlla, ma la repressione non cessa il desiderio, anzi lo amplifica.

Sarà per questo che si contano infatti 14 figli illegittimi certi?

Emilie però non ci sta. I due si lasceranno presto, ma rimarranno amici fidati per tutta la vita. Lei è una delle prime donne a dire no al corsetto, è una stilista innovativa e crea l’abito della rivoluzione: largo e comodo. Era una donna emancipata, che reclamava il proprio posto nella società, una donna che guardava al futuro.

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Speranza I di Gustav Klimt

Nel 1903 Gustav Klimt termina “Speranza I“, ma la esporrà solo 5 anni dopo perchè Vienna non era pronta.

Perchè?

Perchè con quest’opera sovverte totalmente i canoni estetici dell’epoca.

Il pubblico tradizionale vorrebbe infatti vedere rappresentato un corpo morbido, opulento, accogliente. Una maternità senza paure, timori. Una maternità amorevole e felice. Ma nell’opera di Klimt non si trova nulla di tutto questo. La ragazza è pallida, magrissima, il cui viso si staglia timidissimo e ossuto da sotto una matassa di capelli rosso rosso fuoco. Gli zigomi sporgenti, gli occhi cerchiati e le labbra serrate, nulla suggerisce o bisbiglia flebilmente speranza. Tutto è morte.

Il ventre è estremamente prominente dando l’impressione di essere qualcosa di estraneo al resto del corpo. La donna non ha le mani sul ventre a voler raffigurare un atto di dolcezza spontanea verso l’essere portato in grembo, al contrario raccoglie le braccia a seno, intreccia le dita quasi a volersi proteggere. Un gesto, quello della donna, di difesa. Non è la classica maternità a cui siamo abituati, ma resta comunque vera.

Klimt rappresenta un’altra faccia della maternità in una Vienna che non da certezze.

Lo sguardo della donna gravida è puntato sull’osservatore, duro, freddo. È una maternità che non conosce dolcezza. Non conosce amore. Una maternità  pervasa da un senso di inquietudine.

Sullo sfondo si intravedono oscure presenze, volti femminili più o meno deformati , come il mostro nero che attende la nascita del bambino per poterlo fagocitare.

Una figura che sembra anticipare la teoria dell Grande Madre di Jung. Da una parte abbiamo la sfera positiva della maternità che rappresenta la fecondità, la protezione; ma dall’altra abbiamo l’oscurità, abisso, l’oscuro, tutto ciò che promette, seduce e divora. È tutto ciò che risiede nell’inconscio.

Quest’opera decisamente avanti coi tempi dovrebbe farci riflettere.
Si, perchè non è il sogno di ogni donna diventare madre. Perchè “vedrai che con l’età cambierai idea” è simbolo di una mentalità tossica.
Perchè se una donna non vuole procreare allegramente non è ne diversa né sbagliata.

Ma anche perchè esistono tante facce della maternità e non tutte sono belle, felici e spensierate.
È normale anche avere paura di un futuro incerto.
Questo Klimt lo ha capito nel 1903.

Francesca Anita Gigli

Divulgatrice culturale e collaboratrice di Finestre sull'Arte, ho creato Likeitalians nel 2020 per rendere la cultura alla portata di tutti. Sono una studentessa di Storia dell'arte, di quelle che non si prendono troppo sul serio. Leggo libri, scalo montagne, parlo di arte e di culture con spensieratezza. Sono una vagabonda e la nonna da piccola mi chiamava zingara, forse ci ha azzeccato prima di tutti.

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